Descrizione:
Uscito nel 1920, "L'età dell'innocenza" vale alla sua autrice, Edith Wharton, il premio Pulitzer: sarà la prima donna a vederselo assegnare. Il libro è una critica spietata alla convenzionalità dell'alta società newyorchese: una vera aristocrazia immobiliare in cui le famiglie sono le stesse da generazioni, le donne un ornamento e gli uomini non fanno nulla neppure quando fingono di andare in ufficio. I ricchi personaggi dell'"Età dell'innocenza" vivono tutti nello stesso quadrilatero di strade, e d'estate si spostano tutti quanti a Newport. Sono sempre insieme, sono privilegiati e severi al contempo, e non concepiscono l'esistenza di un mondo fuori dal loro. Il mondo, ovviamente, progredisce, cambia e rischia di lasciarli indietro. Ai cancelli della vecchia New York premono l'aristocrazia imprenditoriale e bancaria - i Morgan, i Lehman, i Guggenheim -, gli operai migrati dall'Europa e soprattutto stili di vita dinamici e aggressivi. Il protagonista del romanzo, Newland Archer, è un giovane raffinato che nella prima parte vediamo emanciparsi lentamente dai valori della vecchia New York ma che poi si trova costretto a sposare una donna che non ama assolutamente.
Commento:
Le convenzioni sociali, argomento sempre attualissimo, i comportamenti giusti da assumere e quelli sbagliati, quali atteggiamenti vanno tenuti in pubblico e quali invece è preferibile limitare al privato.
Oggi, in modo molto semplicistico, tendiamo a ridurre il tutto ad un paio di paroline abusate "politically correct" ma un tempo era diverso, davanti ad argomenti del genere si potevano scrivere libri e che libri!
L'età dell'innocenza compie un secolo proprio in questo devastante 2020, ma come si suol dire cento anni e non sentirli, Scorsese nel 1993 ne trasse un film bello quanto discusso, non pochi vi colsero una sorta di gattopardesco "omaggio" ai fasti della società americana di fine ottocento più che una trasposizione fedele di un romanzo i cui intenti celebrativi di un'epoca sembravano soltanto la punta di un iceberg... In realtà, o almeno a parer mio, Scorsese realizzò una delle sue opere più sontuose cogliendo peraltro in pieno le istanze di uno dei finali più belli che la letteratura di genere potesse minimamente concepire (chi ha letto il libro e non avesse visto il film guardi soltanto il finale, facilmente accessibile, che personalmente reputo cinematograficamente indimenticabile) .
Detto ciò veniamo più in concreto al romanzo, purtroppo faccio sempre molta fatica ad utilizzare il termine capolavoro (devo riconoscere di avere una sorta di repulsione simile a quella di Fonzie che in Happy days non riusciva proprio a dire "ho sbagliato") ma in questo caso se di capolavoro non si tratta penso che ci avviciniamo molto.
Una cosa colpisce sopra ogni altra ed è il non detto, una sorta di sottobosco di pensieri che non diventano mai parole, o meglio il dialogare attraverso i silenzi:
"Voi non vi chiedevate mai niente, no? E non vi dicevate mai niente. Stavate semplicemente seduti a guardarvi e facevate supposizioni su cosa vi passasse per la testa."
Ma nell'Età dell'innocenza il "non" ha un'importanza fondamentale, il non detto, il non chiesto, il non amore, il non incontro (quest'ultimo è la summa dell'opera).
In pochi altri romanzi possiamo respirare così nitidamente la fine di un'epoca, la sensazione di decadenza è palpabile, eppure proprio tutto ciò che è destinato a sparire ci appare come qualcosa d'insormontabile, qualcosa contro cui persino l'amore in grado di sfidare il tempo non può che soccombere:
"Tu, tu, tu», gridò Ellen, con le labbra che le tremavano come quelle di un bimbo sul punto di piangere."
Per quanto mi sforzi fatico a pensare ad un passaggio dal lei al tu così struggente, chi non ha letto il libro assapori ogni virgolettato di questo capitolo.
Ma sarà ineluttabilmente il non amore a trionfare, le convenzioni avranno la meglio concedendo al massimo ai due protagonisti una sorta di ravvicinato distacco:
" Ellen aveva deciso di stargli vicino, purché lui non le chiedesse di avvicinarsi di più; e dipendeva da lui farcela restare, al sicuro ma a distanza."
Da leggere senza se e senza ma, provando magari a sovrapporre le convenzioni sociali di ieri con quelle di oggi perché le epoche si chiudono ma alcune frasi non perdono una stilla del loro valore:
"La differenza è che questi giovani sono sicuri di ottenere tutto quello che desiderano e che noi quasi sempre eravamo sicuri del contrario. Solo mi chiedo ... se si è così sicuri in anticipo di avere una cosa, è possibile mai che per questo il cuore batta con tanta violenza?"
Siamo davvero certi che trasferendo queste parole del romanzo ai più vicini anni 60 o negli 80 oppure, perché no, ai giorni nostri non assumerebbero il medesimo significato?
Edited by Lulysa - 30/10/2022, 21:58