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| Titolo originale: Le gratitudes Traduzione di Margherita Botto
Immaginavo che dovesse essere uno di quelli che io chiamo "libro da un giorno": sono quei libri che mi premuro di leggere d'un fiato, in un giorno solo, dedicandomici, per non far passare spazi e tempo estranei tra le pagine, per non interrompere il flusso delle parole. Michka che sapeva domare le parole grazie al suo lavoro, pagina dopo pagina le cambia, ne crea di nuove, le adatta a sè, alla nuova sè che la malattia le impone; Jerome e Marie che cercano di parare i colpi dell'avanzata dell'afasia, con gentile costanza. E in tutte le parole, i puntini di sospensione ed i silenzi, spuntano le storie di come fu salvata Michka durante la seconda guerra mondiale, di come Michka ha salvato Marie e di come Jerome, che porta con sè un dolore, apre la porta ad uno spiraglio di riparazione. Michka perde pian piano le parole, ma non la tenace volontà di ricambiare con un "gratis" chi le ha permesso di vivere. L'andamento delle pagine mi pare che segni il progressivo perdersi della protagonista, inframezzato da incubi in cui le parole scorrono rapide e sciolte. Orrendamente buffo: nelle situazioni spiacevoli come può esserlo un incubo in un'anziana fragile, le parole accorrono ligie alla battaglia del dialogo, ma sono praticamente inutili, trattandosi di un sogno, mentre nella veglia le parole che sarebbero essenziali, fuggono via come gocce di pioggia sul vetro della finestra. Procedevo nella lettura incrociando ogni dito affinchè il grande desiderio di Michka potesse avverarsi e nel momento cruciale in cui avrei voluto sapere quali parole ha scritto a chi le salvò la vita anni prima, confesso che lì per lì sono rimasta interdetta, ma poi ho pensato che era giusto così quelle parole appartenevano solo a Michka e alla destinataria
Mi sono commossa e intenerita nel leggere questo libro; un po' perchè sono facile alla commozione, un po' perchè mi ha ricordato gli anni trascorsi ad accudire mia nonna allettata per via di un ictus, che vedevo di giorno in giorno regredire a quando era bambina, pur riconoscendomi come nipote: uno strano miscuglio temporale, una sorta di macchina del tempo impazzita che la faceva vivere in 2 tempi diversi contemporaneamente. E nella tenacia di Marie e Jerome rivedo un po' me che non volevo arrendermi ai pezzi di vita che mia nonna perdeva per strada. Il coinvolgimento emotivo non mi ha fatto soffermare sullo stile della De Vigan, quindi non esprimo giudizi in merito, o forse l'autrice è stata così brava a narrare nel modo migliore questa storia, che la sua cifra stilistica è proprio scomparire dietro la narrazione, non disturbare chi legge, camminare a passi silenziosi per costruire la trama.
Gratis è la parola che Michka usa per dire grazie e mi sento di dire "gratis" a Mercoledì che ha proposto la lettura
Aserio, ho modificato la trama di Ibs che avevi inserito, mi pareva svelasse un po' troppoEdited by phra - 1/11/2022, 21:36
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