La Signora delle Fiandre - Giulia Alberico
Piemme, 251 p.
Ha attraversato un secolo di splendori e di sangue, è stata una pedina nelle mani dell'imperatore e di due papi, ha visto la fine di un mondo e, soprattutto, del sogno paterno. E ora, sola con la sua dama di compagnia, si trova a chiedersi quale sia il significato profondo della sua esistenza.
Ortona a Mare, ottobre 1585. Margherita d'Austria si è ritirata in Abruzzo da alcuni mesi. È qui che, infatti, dopo tanto peregrinare per l'Europa, ha deciso di trascorrere i suoi ultimi anni, qui ha trovato una terra che ama e, soprattutto, che è soltanto sua. Non una pesante eredità paterna, non un privilegio del matrimonio. Sta facendo costruire un palazzo sul mare, un edificio imponente e prezioso che accolga e mitighi la sua vecchiaia. Ma il tempo di Margherita è quasi finito, un male oscuro si sta insinuando inesorabile nel suo corpo e proprio grazie a quest'immobilità forzata si concede, per una volta, di rifugiarsi nei ricordi di una vita piena, importante ma anche carica di sofferenze. Figlia bastarda e molto amata dell'imperatore Carlo V, moglie di un Medici e poi di Ottavio Farnese, duchessa di Parma e Piacenza, governatrice delle Fiandre, sorellastra di Felipe di Spagna e di Juan, l'eroe di Lepanto, madre di uno dei più grandi condottieri del suo tempo, Alessandro Farnese. Ha attraversato un secolo di splendori e di sangue, è stata una pedina nelle mani dell'imperatore e di due papi, ha visto la fine di un mondo e, soprattutto, del sogno paterno: quello di un'Europa unita, imperiale e cristiana. Ma è stata anche amante del bello, dai gioielli all'arte, alla musica. E ora, sola con la sua dama di compagnia, si trova a chiedersi quale sia il significato profondo della sua esistenza.
IBS
Mi è piaciuta molto la storia di questa donna che non conoscevo e che, tra i tanti paesi del regno di suo padre sul quale non tramontava mai il sole, scelse, imponendo per una volta a tutti la sua volontà, di terminare la sua vita negli Abruzzi.
E’ lei la pacata voce narrante, Margherita, che dal suo ultimo ritiro di Ortona guarda indietro al suo passato, un po’ come l’Adriano della Yourcenar. Ho ascoltato con interesse le sue vicende da ragazzina, quando inizia a capire che la sua vita non sarà sua, che resterà per sempre merce di scambio e che il suo sesso la renderà sempre più vulnerabile di un uomo. E mi ha divertito tanto la sua tenacia nel resistere con tutte le sue forze a quel che non voleva, anche se poi dovette capitolare. Anche se di qualche impuntatura poi si pentì in età adulta, quando si rese conto che lei non era stata la sola ad aver sofferto per la ragion di stato.
Ho apprezzato la sua sincerità nell’ammettere i suoi errori, quella sua imperfezione che la rende così umana rispetto ai suoi pari maschili, così in un certo senso moderna. E quel suo vezzo di adornarsi di bei gioielli, che lei confessa di amare molto, come fosse un piccolo peccato di vanità. La verità è che amava la bellezza in tutti i suoi aspetti, non ultima la natura. Non dimentico che si tratta di un romanzo, ma questa è l’unica versione che conosco e mi fa piacere pensarla veritiera.
Seppur non fosse stata cresciuta per il comando, si trovano lei le capacità di una persona illuminata, che per istinto sa cosa è bene, per la corona ma anche per il paese. Sembra avere la fortuna di un suo equilibrio interiore che si riflette nelle sue azioni, fin dove le è concesso anche in quelle pubbliche. Purtroppo molti dei suoi consigli, soprattutto al fratello Filippo, non vennero ascoltati, in un periodo in cui un pizzico di moderazione avrebbe potuto attenuare la violenza degli scontri religiosi che insanguinarono l'Europa.
Belli i pochi rapporti autentici che riuscì ad avere: il suo secondo marito a matrimonio finito, la sua dama di compagnia di una vita, ma anche qualche amicizia maschile di quelle vere, che da stima diventano affetto quasi fraterno, e qualche volta breve illusione romantica. Per il resto, i suoi matrimoni non avevano a che fare coi sentimenti e anche con il figlio non seppe costruire un legame, per un’iniziale mancanza di senso materno di cui egli soffrì, poi fu troppo tardi. Forse il suo maggior rimpianto.
E’ la prima volta che leggo la Alberico, ma considerando la sua scrittura, bella, misurata, pensosa, credo che ripeterò l’esperienza.