Grisham, John - Il caso Fitzgerald

Recensione:

A mio modo di vedere il libro offre due chiavi di lettura differenti che non entrano in conflitto ma rendono il piacere della lettura una soddisfazione a metà.
C’è la parte letteraria che vive delle intense descrizioni della dialettica dell’autore, a partire dalle spettacolari panoramiche dei luoghi di villeggiatura ove è posta l’ambientazione, proseguendo con un’ode appassionata per il piacere della letteratura e del poterne fruire illimitatamente, indugiando altresì sulle minuziose informazioni che vengono fornite al curioso che desidera scoprire qualche segreto dei grandi collezionisti di libri; oltre a ciò di grande interesse il sottobosco molte volte torbido nel quale i suddetti collezionisti fanno affari e si scambiano notizie e dove si muovono individui privi di scrupoli in grado di appropriarsi con mezzi lontani dalla legalità inestimabili rarità.
Di raro fascino la descrizione della libreria appartenente al protagonista, del suo funzionamento quotidiano e della sua evoluzione che grazie a fiuto, passione ed intenso lavoro imprenditoriale e promozionale diviene un punto di riferimento di un’intera comunità, in grado di fornire una inesausta molteplicità di servizi, sia essi letterari che (specie per il gentil sesso) di altra natura.
Nota dolente è, invece, la parte più prettamente dedicata all’intreccio di interessi orbitanti attorno ai manoscritti originali di Fitzgerald, trafugati all’inizio del libro: per quanto il “mestiere” in possesso di Grisham sia di qualità sempre elevatissima, fin da subito si coglie il suo impaccio nel trattare un genere che è evidentemente non nelle sue corde.
La trama inizia ben presto a fare acqua, sfilacciandosi e facendo scendere il livello di credibilità ai minimi termini, mentre una volta che gli snodi cruciali vengono “messi in campo” la suddetta credibilità viene definitivamente affossata ed ogni espediente per cercare di ridare linfa a un coerente sviluppo della trama e ad una sua evoluzione in crescendo manca abbondantemente il bersaglio.
Neppure il prevedibilissimo finale risolleva le sorti di questo malriuscito polpettone: da salvare forse qualche comprimario, mentre le discussioni avvenute nelle cene letterarie (sorta di revival hippy di un mondo che non esiste più) hanno un ristagno di idee che fa dubitare si tratti di più che di cervelli oscurati da mix di alcolici e droghe pesanti.
Dulcis (?) in fundo la protagonista femminile che non esce mai dal ruolo di dilettante allo sbaraglio così come mi è apparso Grisham nel manipolare un genere del quale ha ancora parecchio da “studiare”.

Voto: 6/10