Guarda, io a scuola ci lavoro e so che, nonostante le tantissime criticità, non è assolutamente vero che ai ragazzi non importi nulla di diventare bravi cittadini o di coltivare materie e conoscenze non finalizzate al lavoro. Anzi, a dire il vero, ai ragazzi, salvo quelli che non amano studiare perché amano da sempre lavorare (bontà loro!), non interessa affatto pensare al lavoro mentre sono a scuola. Sono spinti a farlo dall'incessante propaganda dei governi a considerare inutili le conoscenze (ovviamente: più si conosce, più e meglio si pensa e si scandaglia il reale) e a concepire la scuola come utile al lavoro, dal terrorismo psicologico di chi (ministri, la quasi totalità dei quali di scuola non sa nulla e loro lacché) prospetta scenari postapocalittici e cose simili. Chi sta a scuola sa bene invece che questa retorica sui giovani ha rotto un po' le gonadi. Non è neanche vero che la scuola italiana sia orientata a insegnare, male, un po' di tutto. Indubbiamente non è come le scuole estere, dove si abbandona lo studio di tutto ciò che non è inerente all'indirizzo di studio. Noi, mantenendo italiano e storia anche nei professionali, siamo diversi e direi per fortuna. Almeno non sforniamo gente che non sa chi è Napoleone (fatti veri da rinomati licei inglesi e tedeschi) a 18 anni. Se permetti, è davvero una cosa bellissima. E' del tutto ovvio che la grande complessità del mondo contemporaneo obblighi a specializzarsi perché non si può conoscere tutto nel dettaglio. Ma questo ha poco a che fare con la suddetta dicotomia, perché se Rovelli può discettare di Anassimandro e di gravità e io posso insegnare la tragedia greca e capire l'equazione di Dirac (e sono mediocre in matematica) allora possono tutti, perché né io né Rovelli né chiunque altro come noi è speciale o diverso. Siamo normalissimi esseri umani. La dicotomia è generata a livello didattico da chi crede che sviluppare prima, nell'infanzia, una propensione per esempio linguistica rispetto a una matematica equivalga a dire che quel bambino non è portato per la matematica e automaticamente si molla un bel po' in quella direzione. Uno dei numerosissimi errori di pedagogisti e insegnanti delle primarie. Non è che per forza tutti debbano essere interessati a tutto, dico solo che a mio parere non esistono davvero persone negate per qualcosa, ma solo persone che sono state portate a negare una parte, magari non brillante ma presente, di sé stessi. Peraltro io non insegno alla primaria, per cui non potrei porre rimedio a ciò.
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