Recensione:Mi sono accinto alla lettura di questo libro senza particolare entusiasmo, conscio dell'argomento, non solo per me non particolarmente interessante in quanto già ampiamente edotto sulla tematica, ma anche reputandolo maggiormente esastivo se sviscerato da servizi massmediatici, che al solo dialogare monodirezionale, anteporrebbero invece il conforto delle immagini e di differenti punti di vista, cosa che reputavo imperfetto in un libro di taglio giornalistico-cronachistico.
Solo parzialmente però i miei dubbi sono stati confermati, perché accanto al già noto (società di stampo estremamente maschilista, islamismo parziale ed ignorante, coercizioni e circonvenzioni come piovesse, annullamento della feminilità, periodo talebano che estremizzò ancor più religione e scissione del trattamento uomo-donna), ho avuto modo di conoscere realtà e situazioni meno esposte alle cronache internazionali, e la cosa è stata piacevole ed interessante.
Non che il taglio dato alla narrazione si sia scostato, se non per alcune parti, dal racconto in forma giornalistico-cronachistica, ma soprattutto nelle suddette, si è avvertito il vero anelito di speranza, la voglia di fuoriuscire dall'oscurantismo in cui un decennio di crassa e sopraffacente ignoranza hanno gettato la nazione afgana.
Terra di infiniti contrasti, dominata da differenti etnie, tribù e signorotti locali sempre belligeranti e sempre foraggiati, quanto ad armamenti, dalle nazioni interessate politicamente ed economicamente a che la fiammella del conflitto permanga inscindibile, l'Afghanistan rimane saldamente ancorato alle sue usanze, piegato ma non vinto da guerre civili o contro le due grandi superpotenze nell'ultimo trentennio.
Se vogliamo, questo Paese rappresenta uno degli esempi più forti di come la natura umana riesca a prevalere ed a attecchire in ogni situazione ambientale, per quanto ostili possano essere le condizioni di sopravvivenza.
Voto 7/10