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Jon Kalman Stefansson, Paradiso e inferno.
Siamo in Islanda nella seconda metà dell’Ottocento (forse inizio del novecento) e quella che ci viene raccontata è una storia di amicizia fra il Ragazzo e Bárður e vi si ritrovano temi universali come il valore della vita umana e l’importanza delle parole. La vicenda è divisa nettamente in due parti: una ambientata in un capanno di pescatori e poi, tragicamente, in mare, e l’altra, altrettanto bella ed emozionante, nel Villaggio e soprattutto nella locanda di due originali donne in grado di accogliere e comprendere il Ragazzo.
L’edizione di Iperborea è magnifica ed è arricchita da una molto sentita postfazione di Emanuele Trevi, il quale giustamente accosta “Paradiso e inferno” a libri immortali come “Maestro e Margherita” o “Quarantanove racconti”, concludendo il proprio commento con una frase che mi sento di condividere in toto: “Si vorrebbe leggere solo libri come questo”. Molto curata ed interessante anche la nota biografica su Jon Kalman Stefansson della traduttrice Silvia Cosimini.
Molte sarebbero le citazioni degne di essere riportate, fra le tante mi piace ricordare: “la vita è una brace che riscalda la terra e la rende abitabile”. Ed ancora: “non abbiamo bisogno di parole per sopravvivere, ne abbiamo bisogno per vivere”. Infine, mi piace anche questa: “Il cuore è un muscolo che pompa il sangue, la dimora della sofferenza, della solitudine, della felicità, l’unico muscolo capace di toglierci il sonno. La dimora dell’incertezza: ci sveglieremo ancora vivi, pioverà sul fieno, abboccherà il pesce, mi ama, attraverserà la brughiera per dirmi le sole parole che contano?”.
Forse ho apprezzato ancor maggiormente il romanzo in quanto reduce da poco da una breve vacanza in Islanda, ma credetemi è una lettura essenziale che va fatta. Leggerò sicuramente anche gli altri due romanzi che compongono una trilogia sempre edita da iperborea (“La tristezza degli angeli” e “Il cuore dell’uomo “).
Uno di quei libri della vita!
Voto 10/10
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