La poetica di Mankell ha reso la narrazione, talvolta faticosa e non priva di momenti d'impasse, un piacere per la lettura, così densa di riferimenti esplicativi da essere sempre grandemente interessante, con una precisa e quasi affabulatoria capacità di accompagnare alla scoperta di eventi storici a noi non molto familiari, e talmente accurata da non abbandonare mai il lettore all'incomprensione.
Nella estesa e corposa dissertazione storica, Mankell dà l'impressione di avere perfettamente il controllo delle sue argomentazioni, così come si ravvisa il piacere filologico che ne ha animato la creatività.
Nota dolentissima invece nella parte investigativa, piena di buchi e con un personaggio (il giudice) del tutto antitetico a qualsiasi anelito da detective. Inoltre, mi pare ci siano cose che proprio non funzionano, e su cui il mistero che Mankell cerca di mantenere non porta ad altro che alla domanda: che c'entrano?
Ad esempio:
il bambino ucciso tra gli anziani, che mistero dovrebbe racchiudere? Il nastro rosso, come mai è arrivato sulla scena del crimine, che simbologia dovrebbe avere? E i cani nel villaggio perché sono rimasti silenti nel lungo eccidio, suggerito anche lento, come quello descritto? Stendendo anche un velo pietoso sulla cervelloticità delle motivazioni...
Spiacente ma l'assenza o le flebili spiegazioni che si traggono non rendono, a livello thriller, questo come un buon prodotto.
Considerano da 8 la parte storica e da 4 quella thriller, la media è
6/10