Oui, c'est moi
- Group:
- BOSS
- Posts:
- 52,508
- Status:
| |
| E’ una recensione scritta quando lessi il libro, ovvero nella primavera del 2020, finalmente ho ritrovato il foglietto dove l’avevo scritta:
"L’ho comprato più di un anno fa, forse due, perché avevo saputo che era uscita la nuova traduzione e con sconti belli cicciotti l’ho preso. Da allora, da quando l’ho posato sullo scaffale dove metto tutti i classici nelle nuove traduzioni (io che tendenzialmente non leggo classici perché ci litigo ferocemente) ha iniziato a farmi l’occhiolino: ogni volta che gli passavo davanti mi guardava male e io lì a sbuffare “Verrà il tuo momento!” (sì ho un rapporto strano con i libri). Poi arriva la quarantena, lockdown, chiusura, chiamatelo come vi pare, insomma chiusi in casa; e Steinbeck, spudorato, che sporge dallo scaffale, si fa più insistente. A fine aprile mi decido, dentro il libro ci trovo pure una mappa del viaggio della famiglia Joad, mappa che avevo ritagliato l’anno scorso da un giornale perché ricorrevano gli 80 anni della prima pubblicazione in America. Erano mesi che non mi cimentavo con un libro di così tante pagine e lo temevo un po’; un classico, che mi sono sempre ostici; un mattone, e sono mesi che oscillo su letture più brevi. Ma mi sono detta che poteva essere il viatico migliore in quarantena: sballottata dalle notizie in TV sul Covid-19, a casa dal lavoro e quindi senza orari precisi dettati dalle incombenze dell’ufficio, ho pensato che iniziare un viaggio coi Joad poteva essere un viaggio per me, in un periodo così “sospeso”. Mi ha incantata fin dalle prime pagine dove viene descritta il seccarsi di una foglia di mais e della terra, e in quella foglia c’è già un mondo e una storia. Mi sono fidata di quel mais e sono salita sull’Hudson Super Six, il catorcio dei Joad, preso vendendo tutti i loro beni già scarsi. Ho caricato il camion con loro, pentole, materassi, i viveri e siamo partiti sulla Route 66, la Strada Madre. Sentivo l’arsura, vedevo auto e camioncini stipati fino all’impossibile fare la stessa strada verso Ovest, verso la California, sognavo coi Joad di frutteti nelle valli, campi di cotone, una sorta di terra biblica dove scorreva latte e miele. I chilometri aumentavano e incontravamo disperati che si accampavano sui cigli della strada, insieme, come a creare una famiglia grande, almeno per una notte. E mentre i fusi orari cambiavano Steinbeck alternava capitoli sui proprietari terrieri, venditori di auto, mezzadri cacciati dai campi, case abbandonate e case desiderate, sui sogni dei braccianti, e la guerra dei centesimi per il salario. La famiglia Joad avanza fino ad arrivare alla sua meta e lì mi sono fermata un momento: credevo che il libro parlasse solo del loro viaggio e che la fine del viaggio rappresentasse anche la fine del libro e invece no, non avevo fatto i conti con Steinbeck, che ti porta in cima alla collina, ti fa gola facendoti vedere quelle vallate californiane rigogliose, poi ti dà una spinta e ti butta nell’inferno: violenza, fame, lavoro che forse c’è e forse non c’è, relazioni che si frantumano, una legge che vale solo per alcuni, famiglie che reggono ai diluvi e trovano un senso in un’umanità che affiora sempre.
Che viaggio…era passata da poco la Pasqua quando ho iniziato il libro ed ora vedo dietro casa un campo di grano che sta maturando in mezzo ai papaveri tenaci. Mi sono ritrovata a leggere sul divano a piedi nudi mentre invece ero partita con la mia solita copertina morbida e avvolgente e i calzettoni di pile. La quarantena è finita, il libro è finito, posso aprire la porta di casa e attraversare perfino i confini regionali. Ho paura per questa fine che è un inizio"
A distanza di più di 3 anni dalla lettura, ricordo ancora bene questo libro, mi ha travolto, lo stile di Steinbeck è molto coinvolgente, oltre ad essere super scorrevole e moderno, nonostante i suoi 80 anni e passa. Dovete leggerlo? Non per forza, ma quando avrete voglia di fare un viaggio che vi scavi dentro, ecco, prendete in considerazione questo libro
Raramente mi segno delle frasi, ma con questo libro è capitato: “Uno s’abitua a dove vive, e fa fatica ad andarsene. Uno s’abitua a come pensa, e fa fatica a cambiare” “La gente è il posto dove vive. E la gente non è più intera se l’ammucchi in una macchina e la mandi da sola chissà dove. Non è più viva” “Mi sa che i tempi sono cambiati. I tempi di quand’era l’uomo che c’era da fare. Ora mi sa che sono le donne a dirlo” “La donna può cambiare meglio dell’uomo. La donna la vita ce l’ha tutta nelle braccia. L’uomo ce l’ha tutta nella testa”
|