TramaIl memoir di Dolly Alderton, vincitore del National Book Award, è un bellissimo posto dove stare. Dentro ci sono cose normali come l’amicizia, le delusioni, le sorprese del sesso, gli amori che salvano o ti annientano, la palude dell’ambiente familiare – ma soprattutto c’è lei, una ragazza ferocemente divertente che sa raccontare come si diventa donna, e quali sono le tante forme dell’amore.
Diventare grandi è il viaggio della vita, e quello di Dolly Alderton è stato un giro vorticoso sulle montagne russe. Stazione di partenza, uno scialbo sobborgo londinese dove Dolly, nei primi anni del nuovo millennio, è un’adolescente che passa le giornate su Messenger, smaterializzata in uno spazio parallelo di relazioni simulate, o a fantasticare su ragazzi e feste e soprattutto fughe insieme alla sua migliore amica Farly. Il primo, elettrizzante scatto in avanti arriva al momento di trasferirsi a Exeter per l’università e dare sfogo a tutti i sogni di libertà, in quelli che saranno anni di eccentrica sregolatezza, sbronze micidiali, avventure di una notte e incontri destinati a durare. Poi, spinta dal sogno, questa volta, di diventare giornalista, si tufferà nel cuore pulsante di Londra, città spettinata, gaudente, come lei tendente all’autodistruzione, una regina severa che cambierà il suo modo di vedere il mondo.
RecensioneTutto quello che so sull’amore è stato per almeno un anno nella mia wishlist e forse questa lunga attesa ha creato aspettative eccessive, insieme al grande successo riscosso dal libro.
Ci ho trovato dentro lampi di genio e capitoli memorabili e nostalgici, ma non avevo capito che si trattasse fondamentalmente di un’autobiografia; non perché questo lo renda meno efficace, ma forse ha fatto sentire l’autrice in diritto di inserire anche elementi che lei sicuramente trovava pertinenti perché appartenenti al periodo passato di cui racconta, ma che non necessariamente sembrano tali a un lettore esterno. Ad esempio le ricette o i testi di intere e-mail non attinenti alla “trama”, ricevute da suoi amici che non compaiono nemmeno nel libro in cui sono menzionati fatti non rilevanti.
L’assenza di una vera e propria trama contribuisce a un risultato finale un po’ confusionario, in cui il possibile messaggio si perde nel marasma.
Mi è anche capitato di vedere la serie tv ispirata al libro, alla cui scrittura Alderton ha collaborato, e trovo che sia stata più concisa ed efficace. Forse l’aver lavorato alla sua scrittura ha aiutato Alderton ha elaborare meglio quello che voleva trasmettere.
Edited by Lulysa - 25/2/2024, 14:18